P is for Peace


Oggi volevo fare lo scemo, è pure sabato.
Ma come fai a far lo scemo quando sai ciò che accade ad un passo da te?
Ho pensato molto a Parigi in questi giorni. Esattamente un anno fa ne percorrevo le strade, ne fotografavo i palazzi, ne sentivo gli odori e mi sentivo un qualsiasi cittadino di una qualsiasi città. Libero.
Non ho accettato di essere Charlie Hebdo, lo scorso gennaio perché avrei seguito ipocritamente una massa che si uniforma senza ragionare a quello che è Charlie, a ciò che rappresenta, ma che non mi rappresenta.
E non accetto neppure questo.
Non accetto che, da un giorno all'altro, si muoia.
Come una voragine sull'asfalto che si apre all'improvviso e ti risucchia.
Magari avevi sentito un eco lontano, avevi sentito parlare di una strada pericolante, ma non potevi farti fermare dalla paura. Continuavi a fare la tua strada, e da un momento all'altro qualcuno scrive la tua storia per te.
Decide che è così e ti ritrovi a raccogliere le tue non-colpe e a seguire un destino che forse non era il tuo.
Non accetto che si debba discutere dell'etnia, della fede religiosa, del pensiero di chi ha commesso questo. Perché non accetto che chi le colpe le ha davvero, venga categorizzato come un essere umano in grado di provare sentimenti e ragionare.
Non accetto che l'odore di Parigi ora sappia di sangue, di fumo, di proiettili, di caos, di paura.
Non accetto che si muoia allo stadio, in un locale, per le strade, al teatro.
È diventato questo ciò che ci circonda?
Devo accettarlo davvero?

P is for Paris, for Pray, for Peace.




5 commenti:

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  1. Io non accetto che si parli di ideali religiosi per spiegare il perché di una mostruosità del genere. Dio, Allah, Geova, Zeus, Thor non c'entrano nulla. Sono solo nomi. C'entrano, invece, i soldi. Il potere.
    Non accetto questa disinformazione di massa e questa crudeltà. Non l'accetto sia nella forma della strage in sé, sia in quella della xenofobia, dell' "uccidiamoli tutti, lasciamoli morire nel loro paese" che si sta diffondendo come un virus.
    Non accetto di vivere nella paura. Almeno non di questa paura.
    Non accetto che venga dato il diritto alla parola a certi esseri insulsi ed ignoranti.
    Posso solo accettare chi, ignorando teorie, complotti, congetture, condanne e pregiudizi, si stia rimboccando le maniche per curare le ferite dei sopravvissuti, che stia offrendo una coperta con cui ripararsi, che stia porgendo una tazza di tè caldo.
    Accetto che ciò venga fatto a Parigi o in Siria o in Africa. Perché l'umanità è sempre sotto attacco e sarebbe ora di aprire gli occhi.

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  2. io ho parlato attraverso il post...
    e non dico altro

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  3. Purtroppo tutte le parti in causa (tutte, nessuna esclusa: nessuno è senza peccato) non hanno alcun interesse a risolvere il problema una volta per tutte. Basterebbe un po' di buon senso, ma il buon senso costa troppo (la logorrea è più conveniente: in questo, i giornalisti sono maestri). Stando così le cose, al singolo non resta altro da fare che evitare le grandi città: Parigi, Lione, Marsiglia... La Francia è grande, i terroristi non colpiranno mai in provincia.

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  4. Pier, che bella Parigi.
    Che belle le città italiane, tutte quelle occidentali, orientali. Tutte le città del mondo dove al primo posto dovrebbe esserci la libertà.
    Siamo colpevoli anche noi dell'accaduto. Abbiamo armato, fatto vittime innocenti, sottovalutato. Ora non c'è più tempo.
    Chi si siederà al tavolo della risoluzione penserà al male minore. E il male minore saranno tante altre vittime innocenti. La prima potrei essere io e ne sono consapevole.
    Lo accetto.

    PS: io devo risolvere il problema del tuo blog che non appare sul mio blogroll...

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  5. Non ho parole per commentare nè per risponderti anche perchè ultimamente vivo in un totale stato di rassegnazione, l'unico "banale" commento che mi viene da dire è: che bello schifo!

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